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Bagno di folla ieri sera a Leini all'incontro organizzato da Libera con l'ex procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli, titolare dell'operazione "Minotauro" che ha portato all'arresto e condanna in primo grado dell'ex sindaco del paese, Nevio Coral, e allo scioglimento per mafia del Comune. Alla domanda «che cosa si sentirebbe di dire ai leinicesi», Caselli ha risposto di non voler deludere nessuno. 
 
«Preferisco fare una riflessione  più generale - ha detto - sulla penetrazione delle mafie nella società. Voglio parlare di Leinì come parte del tutto e non come fulcro della penetrazione mafiosa». Caselli, però, non ha potuto non fare un riferimento al sostituto procuratore della Cassazione di Roma che aveva chiesto l'annullamento delle condanne ai 50 imputati che hanno scelto il rito abbreviato. «Cosa sarebbe successo se fosse passata quella linea? Nulla di irreparabile - ha tranquillizzato - si sarebbe dovuto rifare il processo d'appello. Il procuratore della Cassazione, credo in buona fede, ha sostenuto non ci fosse il 416 bis, semplicemente perché al nord non scorre il sangue. Ma le mafie si sono evolute e sono ormai lontane da quel modello. È una cosa che quel procuratore non aveva capito». 
 
Non aveva capito che al nord la mafia ricicla il suo denaro, è negli appalti, ma è silente. Cosa possono fare i cittadini contro le mafie? «Serve una risposta organizzata - ha risposto - serve non inseguire più le emergenze. Servono più risorse per chi indaga sul fenomeno, ma anche l'impegno culturale di tutti, per contrastare il fenomeno alle radici. La mafia è una pianta che deve essere potata».