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IVREA - Allarme rosso alla procura di Ivrea. A dieci anni dalla riforma dell'ordinamento giudiziario, che ha portato in dote alla procura eporediese un territorio enorme senza alcun aumento di personale, la situazione è ormai al collasso. Lo ha messo nero su bianco il procuratore generale, Francesco Enrico Saluzzo. «La Procura di Ivrea, non esito a dirlo, vive di "carità"», sentenzia il procuratore generale. Parole eloquenti dello stato in qui versa l'amministrazione della giustizia che fa riferimento alla struttura eporediese. Ecco il comunicato stampa integrale.

«Qualche giorno fa si è verificata la terribile e tristissima tragedia dei lavoratori che a Brandizzo sono stati travolti da un treno, mentre erano al lavoro sulla linea ferroviaria. 
I fatti sono oggetto di una intensissima attività di indagine svolta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ivrea.
Nel rivolgere alle vittime e ai loro familiari un pensiero di conforto e di solidarietà, non posso non evidenziare come la “cultura della sicurezza sul lavoro” non sia, purtroppo e ancora, un patrimonio comune, nonostante una quotidiana serie di morti e gravi feriti, perché le “scorciatoie”, azzerando le doverose cautele, rappresentano, molto spesso, un fattore assolutamente determinante per questi eventi.
Proclami e cordoglio non servono a nulla (come in molti altri settori, quando il disprezzo per le norme sfocia in delitti) se non accompagnati da una seria politica “culturale”, di assicurazione di strutture di controllo e di prevenzione adeguate. 
Ma motivo e scopo del mio intervento riguardano l’ufficio competente a svolgere le indagini su quanto accaduto. 
Si tratta della Procura della Repubblica di Ivrea che, nel 2013, sulla base di una scelta infelicissima (pur se nell’ottica di una positiva razionalizzazione dei territori e delle sedi giudiziari), divenne assegnataria di un territorio vastissimo (con connessa popolazione), giungendo a toccare i confini metropolitani della Città di Torino. 
Circolarono varie ipotesi su interessi (tutti non giudiziari e, ancor meno, razionali o fondati) sul perché si volle far sopravvivere la sede di Ivrea. 
Ma non è questo il punto. 
La Procura di Ivrea fu “ingrandita” a dismisura, senza la benché minima dotazione di risorse (personale amministrativo, magistrati, polizia giudiziaria), proporzionate alle nuove competenze, territorio, popolazione, qualità “criminale” del territorio. 
E i fatti, presto, dimostrarono la peculiarità di quell’area ed il connesso doveroso intervento della Procura. 
E’ accaduto di tutto in quel circondario. Indagini e processi per fatti di grandissimo rilievo nazionale e mediatico; ma, prima ancora di questo, per fatti criminali e di reato di straordinaria gravità e rilevanza. Con indagini, anche tecniche, lunghe e complesse. 
Anni di disinteresse, da parte di chi avrebbe -e aveva- la competenza e gli strumenti per rimediare, hanno portato quell’ufficio a una vera situazione di collasso.
L’ultima gravissima vicenda – quella di Brandizzo (con il suo corollario di centinaia di denunce per inosservanza delle previsioni antinfortunistiche)- potrebbe segnare il “tracollo” definitivo di quell’ufficio giudiziario. 
Eh sì, perché gli appelli, miei, del Presidente della Corte di Appello di Torino, dei Procuratori della Repubblica di Ivrea (che si sono succeduti) sono stati ascoltati con lusingante benevolenza da tutti gli attori del potere centrale; e sono regolarmente caduti nel nulla. 
Solo un aumento del numero dei magistrati -peraltro, recente- ha consentito di gestire una parte della mole di affari penali che si riversano su quella Procura. Non tutti, perché l’arretrato è ingestibile e perché se ne forma di nuovo, continuamente e inesorabilmente. 
Per poter “lavorare” un fascicolo, occorre che insieme al magistrato vi sia una adeguata dotazione di personale amministrativo; per “fughe” (a Ivrea non vuole rimanere nessuno e per la medesima ragione nessuno chiede di andarci e non può essere mandato d’autorità), pensionamenti, abbandoni e altro, la situazione è tale da avere “costretto” la Procuratrice della Repubblica a privare i magistrati di un collaboratore stabile. Sicché i fascicoli non possono essere gestiti e definiti, poiché gli adempimenti amministrativi non possono essere svolti tempestivamente. 
Così chi aspetta “giustizia” (nonostante il fascicolo sia magari “maturo”) attende, attende e non sa cosa ne sarà della sua pretesa, della sua ansia, della sua aspettativa (magari anche di essere archiviato o assolto, per l’indagato o l’imputato). 
Il dato relativo a quell’ufficio è così clamoroso che, con riguardo a quella particolare struttura di polizia giudiziaria che è “interna” alla Procura (la sezione di polizia giudiziaria), il numero degli addetti e di molto inferiore a quello che è previsto obbligatoriamente per legge. Il che mi ha portato a dire, nei miei numerosi interventi, nelle mie ripetute richieste e segnalazioni, che, quanto alla Polizia giudiziaria, la Procura di Ivrea è in palese situazione di illegalità.
Tutte le nostre (collettive, individuali, istituzionali, scritte, “parlate”) richieste, sollecitazioni, segnalazioni sono state voci (forse giudicate stridule) in un deserto. Deserto di attenzione, e, quando non di attenzione, di interventi fattivi e di una qualche soluzione. 
Abbiamo “bussato” a tutte le porte delle Istituzioni competenti ad affrontare e porre rimedio al problema. Si sono sempre aperte con cortesia e si sono richiuse lasciando noi postulanti fuori dalla porta a mani vuote. 
La Procura di Ivrea, non esito a dirlo, vive di “carità”. Qualche cosa dagli Enti locali, uno sforzo, per il quale sono molto grato alle Forze di Polizia (Questura di Torino e Comandi Provinciali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza) che hanno “distaccato” alcuni elementi alla Procura per consentire quel minimo di funzionalità investigativa che, diversamente, sarebbe del tutto insufficiente. 
Anche il settore degli Enti preposti al controllo ed alla prevenzione sui luoghi di lavoro versa nelle medesime condizioni. Situazione molto problematica per ragioni che non posso illustrare e organico ridotto all’osso. In queste condizioni si dovrebbero fare i controlli che, pure, sarebbero alla base di un fisiologico timore dei datori di lavoro nell’utilizzare le “scorciatoie” di cui ho parlato all’inizio?
Ho scritto queste poche righe per far comprendere all’opinione pubblica la situazione vera in cui si versa e, come l’avviso ai naviganti, non avere eccessive aspettative, nonostante l’impegno “massacrante” che quell’Ufficio mette in atto tutti i giorni. 
Chi può intervenga. O sopprimendo la sede di Ivrea (e pensare che vogliono riaprire microtribunali che non hanno neppure l’autosufficienza, come l’esperienza dimostra), o ridisegnandone il territorio o dandole dotazioni adeguate ai numeri ed alle esigenze».