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IVREA - Sabato 22 marzo 2025 si è svolto il 160esimo presidio per la Pace a Ivrea. Pierangelo Monti ha preso la parola in piazza di Città per denunciare che la notte del 18 marzo, «vigliaccamente le forze israeliane hanno massacrato in poche ore oltre 400 palestinesi. In una grave escalation del loro genocidio contro 2,3 milioni di palestinesi, hanno mandato in frantumi il recente e già fragile cessate il fuoco, bombardando la Striscia di Gaza, occupata illegalmente e assediata. In questi ultimi 4 giorni sono morte oltre 650 persone. Intere famiglie sono state spazzate via. Gli ospedali sono sovraccarichi. Il governo della Turchia ha condannato quello che ha definito un attacco «deliberato» da parte di Israele contro l'ospedale dell'Amicizia turco-palestinese nella parte centrale della Striscia di Gaza. Israele ha interrotto la fornitura di elettricità a Gaza. La situazione umanitaria è terribile. E in tutta la Cisgiordania il popolo palestinese patisce l’oppressione violenta dell’esercito e dei coloni israeliani».

E' stata letta una lettera preparata da un gruppo del Presidio da inviare al sindaco di Ivrea, Matteo Chiantore: «In virtù dell’amicizia storica che ci lega al popolo palestinese concretizzata anche con il gemellaggio con la Città di Beit Ummar in Cisgiordania, dell’adesione della Città di Ivrea alla rete internazionale dei sindaci per la pace “Mayors for peace”, chiediamo all’amministrazione comunale di inviare al Governo nazionale e alla Presidenza della Repubblica la nostra indignata protesta contro il governo israeliano per la rottura della tregua con un’ennesima azione bellica che in sole 72 ore ha ucciso più di 600 palestinesi, civili inermi, tra i quali 200 bambini, colpiti mentre dormivano. Un’azione in totale violazione, ancora una volta, del diritto internazionale, un crimine verso l’umanità. Per tutto questo facciamo nostre le denunce e richieste espresse nel comunicato della Rete Italiana Pace e Disarmo, chiedendo all’amministrazione comunale di Ivrea di farsi capofila nell’azione promuovendo anche all’interno dell’Anci pari iniziativa».

Monti ha poi letto una lettera originariamente preparata dal Centro Gandhi Ivrea, co-firmata dal MIR Ivrea, da Emergency Canavese, che sarà al termine della lettura approvata dalle persone presenti al presidio e che sarà inviata al ministro della difesa, Guido Crosetto. «Siamo persone e associazioni impegnate per la pace, che si ispirano al pensiero e alla esperienza politica del Mahatma Gandhi e di altri profeti della nonviolenza. Per questo diffondiamo la cultura della pace e della nonviolenza e da tre anni manifestiamo ogni sabato contro le guerre e gli armamenti, che devastano il mondo e mietono vittime innocenti. Recentemente siamo stati colpiti dalle parole pronunciate da un Ammiraglio della Marina Militare Italiana durante la Celebrazione Eucaristica presieduta il 9 febbraio da Papa Francesco in p.zza San Pietro, in occasione del “giubileo delle forze armate”, il quale ha dichiarato: “le forze armate italiane esistono per difendere la pace e per fare guerra alla guerra”. E’ un’affermazione che condividiamo, ma, com’è possibile concretizzarla?

La risposta oramai quasi universalmente data a questa domanda, secondo la logica della “deterrenza”, è lo sviluppo del militarismo, cioè il riarmo e/o l’ammodernamento tecnologico dei sistemi d’arma, finanziato con un copioso aumento delle risorse destinate alle spese militari, deciso dalla Commissione Europea, sottraendo risorse al finanziamento di servizi essenziali per la popolazione Italiana, quali l’istruzione e l’assistenza sanitaria, la tutela del territorio, l’aiuto ai paesi poveri. Ora noi ci domandiamo e domandiamo a Lei, qual è la ratio di tale scelta politica?

Stiamo assistendo inorriditi a quanto accade in Ucraina e in Palestina, in particolare nella striscia di Gaza, dove, a fronte di una efferata aggressione militare di Hamas , il governo Israeliano risponde con una ritorsione di inaudita violenza provocando migliaia di vittime anche civili, tra le quali molti bambini innocenti, e la quasi totale distruzione di un intero territorio. Ora noi ci domandiamo e domandiamo a Lei: in questo modo, cioè con l’impiego degli eserciti, sono forse stati difesi diritti e si è ottenuta la pace e la sicurezza nazionale? Noi pensiamo che non sia questa la strada giusta. Dopo le devastazioni di Hiroshima e Nagasaki, e con la proliferazione degli armamenti atomici noi pensiamo che occorra un drastico cambio di paradigma nel pensiero politico in materia di difesa.

In politica estera si tratta innanzitutto di riprendere il percorso virtuoso iniziato nell’immediato dopoguerra con la istituzione degli organismi sovranazionali, quali l’ONU, e proseguito con gli accordi sul disarmo come, ad es., il Trattato di non-proliferazione nucleare (Tnp) del 1970, attuando le necessarie riforme sia del diritto internazionale, sia delle istituzioni sovranazionali quali la stessa ONU e la Corte penale internazionale dell’Aja, per sancire un nuovo rivoluzionario principio già a suo tempo affermato dallo stesso Gandhi: la guerra in quanto tale, indipendentemente dalle motivazioni che l’hanno scatenata, è un crimine contro l’umanità e, come tale, i suoi responsabili devono essere perseguiti penalmente e sanzionati con gli strumenti giuridici internazionali, riformando lo stesso codice internazionale. Innanzitutto occorre che il nostro Paese sottoscriva il Trattato dell’ONU sulla abolizione delle armi nucleari (TPNW) entrato in vigore il 22 gennaio 2021 e già sottoscritto da altri 98 Paesi del mondo, non soltanto per motivi “etici” (tali tipi di armamenti sono “immorali” perché destinati allo sterminio di massa) ma anche per motivi costituzionali (ripudio della guerra, in particolare quando non è di difesa).

Ma occorre anche che, facendo tesoro dei numerosi esempi di difesa nonviolenta, il nostro Governo prenda in considerazione la proposta di legge presentata in Parlamento per la costituzione di un Dipartimento della Difesa Civile non armata e nonviolenta presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per arrivare a costituire un Corpo civile di pace Italiano che, in caso di aggressione militare, attui quelle forme di resistenza e lotta nonviolenta come, ad. es. la disobbedienza civile e il boicottaggio (come è avvenuto nel 1940 in Danimarca durante l’occupazione nazista). Infine, ma non meno importante, noi pensiamo che il Suo Ministero, in collaborazione con quello della Istruzione, anziché incentivare il militarismo nelle scuole per ingaggiare nuove reclute, dovrebbe promuovere una concreta cultura della pace, insegnando alle nuove generazioni le nozioni del c.d. pacifismo giuridico-istituzionale i cui principi risalgono, come lei sicuramente sa, al pensiero di I. Kant (v. trattato “Per la pace perpetua” – 1795), nonché i metodi e le pratiche della difesa civile disarmata e nonviolenta.

Probabilmente Lei penserà che queste nostre considerazioni sono soltanto il frutto della visione utopistica di “anime belle” del tutto prive di realismo politico (realpolitik) o, peggio, di persone codarde indisponibili a sacrificare la propria vita per il bene della Patria. Non è così. Al contrario, nonostante tutto il male che sta avvenendo nel mondo, noi non ci rassegniamo a pensare che la guerra sia la soluzione unica e inevitabile per risolvere i conflitti internazionali». Foto di Rachele Chillemi.