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Parafrasando il titolo di un vecchio film del 1944, vorrei aiutare i lettori - tra cui molti amici - che conoscono il Meeting attraverso i media, che leggono i giornali più accreditati o seguono i telegiornali più importanti, ad essere anche loro, almeno virtualmente, ospiti dei padiglioni fieristici. Spaccature tra i responsabili organizzatori, statue di Madonne e santi fatte togliere in nome della paura o del politicamente corretto,  presenza o assenza di onorevoli e senatori a seconda degli indirizzi politici delle redazioni.
 
Muovendosi tra gli spazi espositivi e gli stand si vedono persone ordinatamente in coda alle varie mostre (dalle carceri brasiliane senza carcerieri ai cristiani perseguitati  a motivo della fede, dalla storia del popolo georgiano per finire ai santi statunitensi), bambini che chiedono gadget, lettori che rinnovano abbonamenti a riviste o che comprano libri per le loro biblioteche.  Si possono ascoltare politici (ovviamente chi è voluto venire), scienziati, attori e letterati. Si possono incontrare amici, si può discutere di tutto, dal calcio alla religione. Tutto esattamente come nelle passate edizioni.  Cosa dire della paura?  Molte immagini sacre, molte immagini di volti cambiati da un incontro a volte fortuito, sempre rispetto per le idee di ciascuno ma con una precisazione: la disponibilità ad incontrare l'altro come bene per sé.
 
Certamente ogni evento si può fare diversamente, una cosa fatta bene si può fare meglio. Tra le persone c'è confronto,  non polemica.  Al Meeting almeno è così. I mass media devono però fare notizia: vecchio stile,  vecchi merletti. Termino di scrivere queste righe dopo una notte passata in bianco a seguito delle scosse dovute al terremoto di Amatrice che si è sentito chiaramente anche qui a Rimini. Presso la fiera c'è una mostra dedicata alla ricostruzione del Friuli dopo il sisma del 1976, mostra che parla di lutti ma anche di condivisione, di amicizia e di voglia di ricostruire. Che siano questi i sentimenti che ci facciano stare al fianco degli abitanti del reatino che hanno perso i propri cari o che non hanno più un tetto sotto cui dormire. (Paolo Ricco)