Si è conclusa la prima giornata del Meeting. È stata una giornata importante, segnata dall'incontro con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nei 36 anni passati, il Meeting ha visto diversi presidenti (Cossiga nel 1991 e Napolitano nel 2011). Ogni volta però questo evento assume un significato particolare. Così è stato anche quest'anno. Il Presidente è stato invitato a parlare di un tema in questo periodo molto dibattuto: i fondamenti della nazione italiana. Ricorre proprio quest'anno il settantesimo anniversario della nostra Repubblica ed il Meeting ha voluto dedicare a questo evento una delle sue mostre principali. Il Presidente Mattarella, dopo il saluto del presidente di Comunione e Liberazione don Julian Carron, ha affrontato molti punti salienti.
Si è innanzitutto rivolto ai giovani presenti al Meeting e li ha paragonati alla Repubblica. Ha fatto notare che per crescere occorre superare prove impegnative, misurarsi quotidianamente con le sfide che la realtà propone. L'attitudine dei giovani a diventare protagonisti costituisce la linfa vitale di ogni nazione. Il Presidente ha indicato il rischio per la gioventù di vivere questo periodo come l'epoca dell'io. Certamente l'io è identità ma deve essere anche dignità e libertà. L'io non è autosufficiente: ha bisogno di un tu, di un noi. Il noi, come abbiamo imparato in questi 70 anni di Repubblica, è storia e democrazia. Andare oltre l'io vuol dire realizzarsi anche come singoli. L'egoismo non genera riscatto civile mentre il confronto delle idee genera unità. Mattarella ha richiamato quindi alla necessità di un'unità nazionale e alla coesione europea. Una integrazione politica nazionale nell'ambito della Comunità Europea è il destino migliore per noi ed i nostri giovani. L'intervento è terminato richiamando tutti a costruire nella libertà e nella responsabilità un futuro migliore.
Il Presidente, visitando i vari stand fieristici era circondato da diversi ragazzi addetti alla vigilanza del Meeting, parte dei tanti volontari che permettono al Meeting di crescere e di esistere. Sembra infatti impossibile che, in questo periodo dove thhutto sembra dovuto, ci siano persone che pagano di tasca propria per lavorare, chi - come detto prima - alla sorveglianza, chi a cucinare o a servire i tavoli dei vari punti di ristoro, o chi è addetto alle pulizie o a fare da traduttore ai vari ospiti internazionali che partecipano agli incontri.
Lorenzo, di Rivarolo Canavese, universitario a Torino è uno degli oltre tremila volontari (molti arrivati anche da altri paesi europei) e presta la sua opera ai cancelli della fiera con altri amici dell'ateneo torinese. Spiega così la sua decisione di lavorare per il Meeting. «Sono stato al Meeting tantissime volte. L'anno scorso, iniziando l'università, sentivo il bisogno di approfondire l'amicizia che stava nascendo con alcuni amici che stavano vivendo anche loro come me l'esperienza universitaria. Quando uno di loro mi ha proposto di andare a fare il volontario al Meeting ho subito accettato. Quest'anno la scelta è stata mia: fare il volontario al Meeting è come costruire una cattedrale. Chi costruisce il muro portante e chi porta l'acqua agli scalpellini: ognuno ha il suo compito e tutto concorre ad un'opera più grande che nessuno da solo sarebbe in grado di compiere». Il Meeting è un' opera, un lavoro che agisce in primis sul cuore delle persone che vi partecipano. (Paolo Ricco)