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Il 1955 è l’anno di una profonda e silenziosa rivoluzione italiana, quello in cui dopo gli stenti della guerra ripartono i consumi e tutti scoprono la “mobilità”, un concetto fino ad allora impensabile e invece reso possibile dalla Fiat “600” che mette le ruote agli italiani diretti verso la “villeggiatura”.

Un operaio guadagna 40mila lire, quanto il costo di un giradischi, una delle manie del momento, mentre per comprare un televisore ne servono 160mila. Ma nell’aria si respira felicità, e questo basta.

Quello stesso anno a Napoli, nella modesta abitazione di un lavoratore portuale, è festa grande: è nato Giuseppe, per tutti fin dall’inizio Pino, primo di altri sei figli che sarebbero arrivati nel tempo.

Fin da piccolo, Pino ha una passione che non riesce a tenere a freno: la musica. A 12 anni, ad una festa per bambini, sale sul palco per la prima volta e crescendo, mentre completa gli studi in ragioneria, impara a suonare la chitarra da autodidatta.

Il resto di questa fa parte della leggenda di Pino Daniele, cantautore, chitarrista e compositore che assorbendo e fondendo le inquietudini degli anni delle rivoluzioni studentesche, l’anima malinconica della sua Napoli e le influenze soul, blues e jazz, riuscirà a creare il “tarumbò”, un proprio stile che gli vale la fama di musicista fra i più innovativi del panorama italiano.

Dal suo esordio nel 1977 con “Terra Mia”, seguito due anni dopo da “Pino Daniele”, la sua ricerca musicale è stata incessante e intrisa di originalità fino a fondersi in “Nero a metà”, album del 1980 che lo consacra al grande pubblico, inserito nei primi 100 più belli di sempre dalla rivista “Rolling Stone”.

I suoi 30 anni di carriera sono costellati di successi discografici, collaborazioni prestigiose con musicisti italiani e stranieri, esibizioni sui palchi più importanti del mondo e colonne sonore per il cinema, soprattutto per l’amico Massimo Troisi, con cui finirà per condividere il destino tragico di una fine prematura. Ad un passo dai 60 anni, la sera del 4 gennaio 2015, nella sua villa in Toscana, Pino viene colpito da infarto: trasportato d’urgenza a Roma, muore la stessa sera senza aver mai ripreso conoscenza.

A 10 anni dalla scomparsa ed esattamente nei giorni in cui avrebbe compito 70 anni, sono tanti gli omaggi e tributi che si susseguono per celebrare un talento che ha lasciato il segno nella storia della musica italiana.

Tra le iniziative anche “Pino”, un documentario diretto da Francesco Lettieri, che segue con la telecamera Federico Vacalebre, giornalista e critico musicale sulle tracce di un lato di Pino Daniele che ancora non era stato mai stato svelato. Sfruttando il materiale messo a disposizione dalla “Fondazione Pino Daniele Ets”, come video inediti di backstage durante i concerti e in sala d’incisione, appunti, foto di famiglia e interviste con colleghi come James Senese, Jovanotti, Eros Ramazzotti, Vasco Rossi, Fiorello, Loredana Berté, Tullio De Piscopo, Enzo Avitabile, Tony Esposito e Eric Clapton, che l’hanno conosciuto e lavorato con lui, a volte nei luoghi dove Pino è nato e cresciuto, racconta quelli che erano i sogni, ma anche le delusioni che Pino ha dovuto affrontare prima di imboccare la strada del successo.

Nel film, una vera chicca: un brano inedito scovato da Alex, figlio di Pino, nell’immenso patrimonio di prove, registrazioni e appunti musicali lasciato da padre. Si intitola “Tien’mmano”, e inizialmente avrebbe dovuto essere inclusa nella tracklist di “Vai mo’”, quarto album di Pino, uscito nel 1981 e inciso con il suo supergruppo: Tony Esposito alle percussioni, Tullio De Piscopo alla batteria, James Senese al sax, Rino Zurzolo al basso, Joe Amoruso alla tastiera e Fabio Forte al trombone.

LA TRAMA

Pino Daniele è stato tante cose. Un cantautore, una rockstar, un’icona pop, ma anche un compagno di banco, un amico sincero, un marito, un padre, un napoletano certo, ma innamorato della Toscana, di Roma e di Milano. Un concentrato di italianità che però fuggiva gli stereotipi e cercava ossigeno nei musicisti di tutto il mondo. Questo documentario è il tentativo di raccontare tutto questo, partendo dalla sua musica, dalle sue canzoni, dai suoi esperimenti, fino ad arrivare a un inedito nascosto. Il film è un’immersione verticale nella vita di Pino, testimoniata in audio dalle voci di chi lo ha amato, ci ha lavorato, suonato, girato il mondo in tour, anche litigato e poi fatto pace. L’architrave narrativa è una linea del presente che vede protagonista Federico Vacalebre, giornalista e critico musicale, che si mette alla ricerca di quello che resta di Pino e si rende conto che forse non se n’è mai andato.

Oltre alle interviste e alle voci di chi lo ha accompagnato nella sua vita e nella sua carriera, ci sono i videoclip dei grandi successi di Pino ambientati nella Napoli di oggi, perché i protagonisti dei suoi testi camminano ancora per i vicoli di Napoli, con le loro imperfezioni e le loro ossessioni. E le canzoni di Pino sono ancora in grado di raccontarli, di raccontare la Napoli del presente e di quello che diventerà.

CAST TECNICO

Regia – Francesco Lettieri

Sceneggiatura – Federico Vacalebre, Francesco Lettieri

Fotografia – Salvatore Landi

Visual Media Artist – John Cruel

Sound Design – Antonio Giannantonio

Casting director – Cecilia Vecchio

Montaggio – Mauro Rodella

Scenografia – Marcella Mosca

Costumi – Antonella Mignogna

Produttore creativo – Shadi Cioffi

Organizzazione generale – Giovanni Sabatini, Alessandro Elia, Walter De Majo

Musiche originali – Pino Daniele

Produzione – Groenlandia, Lucky Red, Tartare Film

In collaborazione con – Netflix, TimVision

Con il supporto di – Fondazione Pino Daniele ETS /Regione Campania

Prodotto da – Filippo Valsecchi, Antonio Celsi, Andrea Occhipinti, Stefano Massenzi, Serena Sostegni, Matteo Rovere, Leonardo Godano