519 pagine di motivazioni per la sentenza di primo grado del processo Minotauro depositata ieri. Come previsto non mancano numerosi accenni alla situazione di Rivarolo Canavese, il cui consiglio comunale è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Nel mirino dei giudici potrebbe adesso finire l'ex sindaco Fabrizio Bertot, oggi europarlamentare. Così come si era ipotizzato già a novembre, in occasione della lettura della sentenza, la posizione dell'ex primo cittadino di Rivarolo passerà probabilmente al vaglio della procura di Torino nelle prossime settimane.
Secondo i giudici della quinta sezione penale di Torino, Bertot «ha reso dichiarazioni non veritiere» in merito alla conoscenza di alcuni personaggi poi finiti nell'inchiesta. E, in particolare, sull’accordo stipulato dal segretario comunale di Rivarolo, Antonino Battaglia (poi condannato a due anni), l’imprenditore Giovanni Macrì e alcuni esponenti di spicco della ‘ndrangheta torinese. Secondo i giudici Bertot non poteva non essere al corrente di quell'accordo, perche ne «fu l’immediato, diretto e consapevole beneficiario».
Per questo motivo il giudice Paola Trovati, già a novembre, aveva ordinato la trasmissione degli atti alla Procura per approfondire la posizione dell'ex sindaco di Rivarolo. Stando a quello che hanno scritto i giudici nella sentenza è ipotizzabile che si apra un procedimento d'indagine per falsa testimonianza ed eventuale voto di scambio in concorso.
«Le risultanze dibattimentali e, in particolare, la deposizione di Bertot, l’esame e le dichiarazioni spontanee di Battaglia, oltre che le intercettazioni e i verbali di atti di indagine acquisiti in dibattimento sopra richiamati - scrivono i giudici - rendono doverosa la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica nei confronti di Bertot Fabrizio. Questi, che sentito come teste in dibattimento ha reso dichiarazioni non veritiere».
Decisamente più pesante la posizione dell'ex sindaco di Leinì, Nevio Coral (già condannato a 10 anni). «In cambio di appoggio elettorale al suo gruppo - scrivono i giudici - Coral si è speso non solo promettendo, ma altresì attribuendo, oltre ad elargizioni di denaro, lavori edilizi in ambito privato ed in ambito pubblico». Secondo il tribunale, Coral anche nelle regionali del 2010 avrebbe sfruttato l'appoggio dei calabresi per far eleggere la nuora, Caterina Ferreno, diventata poi assessore alla Sanità della Regione Piemonte.
La ‘ndrangheta in Piemonte, insomma, esiste davvero secondo i giudici. Che concludono «non può più ritenersi solo un insieme di locali o cosche, ma deve essere considerata struttura unitaria di cui queste sono articolazioni territoriali». Gli avvocati della difesa stanno già affilando le armi in vista dell'appello.