La 'ndrangheta esiste. Anche se il procuratore generale, il 30 gennaio scorso, aveva chiesto di rifare il processo ai primi condannati nell'ambito dell'operazione Minotauro, la Corte di Cassazione, dopo otto ore di camera di consiglio, ha confermato tutte le condanne di secondo grado emesse a Torino a 50 persone ritenute affiliate all'ndrangheta a Torino, in Canavese e nel resto della provincia. La Cassazione ha rigettato i ricorsi delle difese e ha confermato 50 condanne per 416 bis relativo a quegli arrestati che hanno scelto il rito abbreviato. Quello di Minotauro diventa così il primo processo contro la 'ndrangheta a Torino e in provincia che si poggia su una sentenza definitiva.

L'impianto accusatorio della procura di Torino, che ha coordinato l'inchiesta dei carabinieri, ha quindi retto su tutta la linea. La sentenza, in via definitiva, conferma che l'ndrangheta esiste in Canavese come nel resto della provincia di Torino e agisce sul territorio con l'organizzazione e le modalità di un'associazione a delinquere di stampo mafioso. La sentenza della Cassazione, confermando le condanne, pesa come un macigno anche per gli altri imputati dell'operazione Minotauro, attualmente al secondo grado di giudizio davanti alla corte d'appello di Torino.

Tra i canavesani interessati dal processo con rito abbreviato c'erano Nicodemo e Vincenzo Callà, Nicodemo Camarda, Giuseppe Fazari, Cosimo Lombardo, Francesco Marando, Giuseppe e Domenico Racco, Urbano Zucco e, ovviamente, Bruno Iaria, il boss considerato dagli inquirenti a capo della locale di Cuorgnè.