Leopoldo Grosso, vicepresidente del Gruppo Abele, ha snocciolato dati allarmanti sulla povertà, venerdì sera, nel corso dell'incontro promosso a Cuorgnè, dal presidio Libera «Luigi Ioculano». Numeri che, ovviamente, non fanno sconti nemmeno in Canavese. Ecco allora che calza a pennello il progetto che Libera e l'associazione Mastropietro hanno promosso per riconvertire la villa del boss dell'ndrangheta Bruno Iaria confiscata oltre un anno fa e affidata, come da prassi, al Comune di Cuorgnè. Per avviare il progetto, però, servono ancora 65 mila euro. 15 mila li ha stanziati la Regione. Per il resto è un rebus. I fondi serviranno a modificare l'attuale assetto della villa per permetterle di ospitare famiglie in difficoltà provenienti dal territorio di riferimento. 

C'è un altro intoppo, tra l'altro, che sta minando l'avvio dei lavori (del quale vi abbiamo parlato il mese scorso). L'abitazione di località Cascinette, infatti, è stata formalmente ceduta al Comune, ma non il suo interno. L’arredamento e gli effetti personali, ad esempio, sono ancora del boss. O meglio, della sua famiglia che, in qualsiasi momento, potrebbe reclamarne la proprietà. La legge sulla confisca dei beni, infatti, modificata di recente, ha generato un’impasse burocratica all'italiana.

Secondo la normativa, dopo aver inventariato tutto il materiale presente all’interno della villa, la famiglia del boss ha sessanta giorni di tempo per andare a riprendersi quanto di sua proprietà. Solo che, allo stato attuale, l’agenzia nazionale dei beni confiscati alla criminalità organizzata, ha fatto sapere di non avere più l’autorizzazione per entrare nella casa del boss, visto che la villa è già stata ceduta alla città di Cuorgnè. Allo stesso tempo, però, nemmeno il personale del Comune può mettere piede nell’abitazione.