Si è chiuso oggi pomeriggio a Torino il processo d'appello dell'inchiesta Minotauro per gli imputati che, in primo grado, avevano scelto di farsi giudicare con il rito abbreviato. Quarantasei condanne e tredici assoluzioni sono state disposte dal tribunale, con numerose riduzioni delle pene.
La condanna più alta, a 13 anni di carcere, riguarda Bruno Iaria (nella foto), considerato il capo della "locale" della 'ndrangheta di Cuorgnè. Confermate, seppur con qualche sconto di pena, anche le condanne agli altri boss della provincia di Torino. Adolfo Crea e il fratello Aldo Cosimo sono stati condannati rispettivamente a 10 anni e a 8 anni e 8 mesi. Rocco Raghiele, capolocale di Moncalieri, condannato a 6 anni. Francesco Perre, capolocale di Volpiano, è stato condannato a 8 anni; Giuseppe Fazari, responsabile della locale di San Giusto, dovrà scontare 8 anni.
Alcune riduzioni della pena faranno discutere. Come quella di Antonio Agresta, condannato a due anni mentre in primo grado era stato condannato a dieci anni e otto mesi. Caduta, nei suoi confronti, l'accusa di essere capo della locale di Volpiano. Assolto anche Pasquale Barbaro ritenuto il referente in zona della locale di Platì.
La corte d'appello, in totale, ha pronunciato condanne per oltre 210 anni di reclusione. Per la procura guidata da Giancarlo Caselli si tratta di un «buon risultato processuale che conferma l’unitarietà della ’ndrangheta al Nord e la sua permanenza nel torinese da almeno tre generazioni».