IVREA - Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera di un medico di famiglia di Ivrea che racconta la situazione. «Per noi medici di medicina generale dell'Asl di Ivrea e dintorni è molto importante che l’utenza conosca, sappia e comprenda quello che stiamo vivendo. Si parla molto dei reparti ospedalieri al collasso, ma pochissimo dei sottoscritti».

«L’importante è non lasciarsi prendere dal panico che purtroppo si sta diffondendo e che dovrebbe essere controllato. Cominciamo quindi con alcuni consigli e precisazioni. Il primo viene dall’infettivologo Nicastri dello Spallanzani che qui volentieri riporto: “in questo periodo bisogna alimentarsi con  frutta, verdura, spremute di agrumi, yogurt, kefyr, pesce di lisca, perché rinforzano i muscoli, compresi quelli respiratori e se si diventa malati di covid, l’eventuale difficoltà a respirare migliora coricandosi a pancia sotto perchè in questa posizione non c’é la compressione esercitata dal peso della gabbia toracica sugli alveoli polmonari”. Con la mascherina (sempre che sia efficiente e non la stessa per molti giorni) ci si protegge, ma basta staccarla e toccarsi bocca o naso o occhi con le mani non lavate bene e il contagio aggredisce. Dicono i virologi, (anzi lo dicevano prima) che la mascherina andrebbe cambiata almeno due volte al giorno e che quelle di stoffa o quelle usate più di un giorno non servono a nulla. 

I primi giorni di obbligo di usarla all’aperto percorrevo via Palestro a Ivrea per andare nel mio ambulatorio: ero l’unico che portavo la mascherina! Nessun controllo. Addirittura un poliziotto e una ragazza che discorrevano amabilmente a distanza ravvicinata senza mascherine, neppure sotto il mento! E poi mi spiegate perché ci sono tante coppie dove lui ce l’ha e lei no? O viceversa? Che significa? L’uomo garantisce per la donna? Il problema principale è quando si è a tavola: ok per il distanziamento ma un recente studio ha dimostrato che se in una stanza si sta 4 ore al chiuso, il virus emesso con le droplets o goccioline da un malaugurato “diffusore” cioè uno che sta benissimo (asintomatico) e gozzoviglia contento al tavolo e magari parla forte o, ancora peggio, canta (ricordi adolescenziali di chitarrate a tavola), ma che ha il virus nella sua saliva, può infettare tutti i presenti perché sale in alto e persiste per ben 30 minuti. Quindi aerare la stanza per almeno 15 minuti, come consigliano gli esperti. 

In 3 giorni ho segnalato al SISP (Ufficio d’Igiene preposto alla tutela della salute in pandemia) ben 6 sospetti Covid, di cui 3 ragazzi contagiati al bar o ristorante un sabato sera (la chiusura dopo le 18, anche se deprimente, serviva almeno a questo). I problemi di gestione della pandemia da parte del medico di famiglia, infatti, sono ancora più complessi. L'emergenza sanitaria sta in questi mesi sconvolgendo radicalmente la medicina di famiglia, che fatica molto ad ottemperare ai compiti che le sono propri nei confronti degli assistiti, e cioè la cura, le diagnosi e la gestione dei pazienti soprattutto cronici che come sapete sono più a rischio di chiunque altro, e la profilassi antinfluenzale. Queste difficoltà poco si palesano ai cittadini, essendo i contatti diretti medico/paziente molto diradati rispetto all'epoca pre-Covid, ma trasferiti, almeno per i casi meno urgenti, su altri canali ed altre modalità (email, cellulare, messaggistica telefonica…). Questo non significa lavorare meno: si ricevono giornalmente decine, se non centinaia di richieste da ogni fonte (Inps, datori di lavoro, ecc). I miei pazienti trovano spesso il telefono occupato ma è così: non è colpa nostra!

Quello dei medici di famiglia, assieme ad alcuni centri ospedalieri in prima linea, è un settore che negli ultimi mesi, anche i più critici, non ha chiuso un solo giorno. Spesso i medici hanno garantito risposte anche di sabato e domenica, penalizzando il proprio legittimo ristoro settimanale; nelle Rsa siamo sempre andati nonostante 4 dpi in croce forniti inizialmente dalla Croce Rossa. Solo ora l’asl ci ha fornito di una “prima tranche” per iniziare le vaccinazioni antiinfluenzali dove già scarseggia la fornitura di vaccini. Ormai da fine febbraio sono mesi che balliamo e non abbiamo mai smesso. Quando crolleremo chi ci sostituirà? Ci sentiamo veramente abbandonati ed è giusto che la gente lo sappia. E poi nessun riconoscimento. Il governo ha mai pensato di dare i bonus anche a noi trafelati, invece che per i monopattini elettrici? Dopo aver assistito ai cori festaioli dai balconi dei condomini, il sistema ha completamente disconosciuto i sacrifici svolti dai medici di famiglia in epoca covid, soprattutto in termini di vite umane.

Il sistema ha continuato a partorire, giorno dopo giorno, nuove leggi, norme, cavilli burocratici dietro ai quali i medici di famiglia hanno dovuto affannarsi penosamente. Si è spaziato dalle inedite e fantasiose certificazioni INPS, alle cervellotiche segnalazioni a recapiti telefonici desolatamente muti, ad altre diavolerie che hanno reso più angosciante, se mai fosse stato possibile, un periodo già drammatico di per sé. La piattaforma regionale Covid on line dove inseriamo i sospetti contagiati per richiedere tamponi il 2 novembre scorso, per fare un esempio, è andata in tilt dal mattino a notte inoltrata e perdura ancora adesso nonostante le centinaia di e-mail inviate all’Assessorato della Regione per protesta.

I Medici di Medicina Generale, per dare supporto ai propri pazienti abbandonati da un sistema che non regge, stanno facendo ben oltre il proprio dovere, richiedendo direttamente i tamponi, isolando i contatti, prenotando direttamente i test per la guarigione dei pazienti ormai asintomatici che diversamente resterebbero abbandonati nel loro isolamento senza fine, certificando una guarigione e un rientro in comunità  che dovrebbe fare il SISP ma non gliela fa… Ed è altrettanto vergognoso che alle famiglie dei colleghi deceduti non sia stato riconosciuto l'infortunio sul lavoro come accade per i medici ospedalieri con tutto il rispetto per loro! Dulcis in fundo: i tamponi antigenici eseguiti da noi, come ha chiosato Conte alla popolazione.

Non bastava tutto questo... Ci siamo adattati a prenotare i tamponi , a vederne e riferire i risultati pressati da pazienti e datori di lavoro. Ora ci adattiamo a fare i tamponi rapidi prendendoci rischi completamente inutili. Ci mancava anche il progetto proposto “obbligatorio” di farli effettuare da parte dei "soliti" medici di famiglia. Ma attenzione, forse pochi sanno che i rapidi secondo l’accordo andranno fatti solo “agli asintomatici contatti stretti di caso risultato positivo noto”, individuato da noi o dal SISP o “allo scadere dei 10 giorni di isolamento identificato in base sempre ad una lista trasmessa dal SISP al medico stesso”.

Chi ha il sospetto di essere contagiato non può alzarsi una mattina e pretendere di fare il tampone rapido da noi, deve sempre essere valutato in base a criteri ben precisi dal medico! Ma per questa bella proposta, nessuno ha interpellato i medici. Neanche, colpevolmente, la sigla sindacale di categoria maggiormente rappresentativa che ha fortemente voluto in un accordo nazionale, che langue ormai da anni, questa grande pensata. Il tampone antigenico rapido, tra l’altro, quando è positivo, non è attendibile al 100% e necessita di un secondo tampone molecolare. Arcuri dice che la corrispondenza con il molecolare è vicina al 100 % ma Crisanti, famoso virologo precisa che questa verifica l’hanno fatto solo sui positivi. Invece chi risulta negativo al test rapido nel 30 per cento può essere positivo, quindi continua a diffondere l’infezione senza alcun controllo,in grado potenzialmente di creare nuovi focolai di cui non si sa nulla.

Poteva avere un senso a settembre, quando ancora forse si poteva contenere l’epidemia, ma adesso ormai il virus è dilagato e ci sono moltissimi positivi con scarsissimi sintomi, che se riconosciuti non fanno nessuna differenza sull’economia della pandemia. Tanto più che è in corso il lockdown. Non  ha più senso selezionare i positivi, ora, tanto più che l’infettivologo Pauli afferma che il positivo non é detto sia contagiante, bisognerebbe misurargli la carica virale. Quindi mi domando: a cosa serve?

Come noto, quasi tutti i nostri studi sono appartamenti privati, arredati a studio medico. Nessuno di questi, sarebbe mai stato autorizzato a queste pratiche, non rispondendo alle caratteristiche di ambulatorio! Poi come si smaltiscono? È materiale infetto!!!! Se dovessimo trovare un caso positivo,evento altamente probabile? Quali protocolli bisognerebbe attivare? Temporanea chiusura con gravi danni anche perché dovremmo stare noi stessi in isolamento a casa e sospendere l’attività lavorativa,lasciando i nostri pazienti senza assistenza sanitaria!
Allora dobbiamo andare in locali dedicati e rischiare? Ci spostiamo e corriamo ogni qualvolta sia necessario eseguirne uno? Prescrizioni, visite, telefonate, burocrazia varia nei nostri studi poi chi le fa? Chi ci preoccupa sono i pazienti affetti da gravi patologie croniche e per le quali dobbiamo quotidianamente prestare opera, come compito dovuto. Imporre l’obbligatorietà avrà come conseguenza  mettere a rischio la salute  di quei medici over 60 o con patologie pregresse e attuali come il sottoscritto e lo stesso vale per i pazienti.  Sareste contenti che il vostro medico non riesca più a curarvi perché deve correre a fare i tamponi? E le vaccinazioni? Chi ve le fa ? L' Asl che è gia congestionata tra reparti e pronti soccorso che chiudono, e Sisp con l’acqua alla gola? E i pazienti in Rsa chi li accudisce? 

I nostri assistiti non ci meritano stanchi, non ci meritano offuscati perchè non saremmo di aiuto come sempre se costantemente di corsa e affannati. Loro hanno bisogno di noi, come prima e forse di più, perché hanno paura e le patologie non si fermano perché la presenza del Covid è costante ( lo stress e la paura fa morire di più del Covid, ogni giorno muoiono 700 persone per cardiopatie). Giorni fa l’Ordine del Medici di Torino ha invocato il lockdown totale perché teme che tutto il sistema collassi. Beh, possiamo dire oggi che ci é riuscito.Non ha torto, certo! Ma sapete che gli infarti durante il lockdown di marzo si erano triplicati?  Noi operatori in trincea non chiediamo un lockdown, chiediamo solo di continuare a fare il nostro lavoro già seriamente compromesso tra un sospetto contagio e l’altro.. Il medico di famiglia deve  avere la libertà di scegliere se somministrare i test ai pazienti oppure astenersi e non dover essere minacciato da imposizioni coercitive e sanzionabili da clima del terrore, come in Veneto!

Viceversa sarebbe costretto ad andare allo sbaraglio per il rischio concreto del contagio, in un contesto di poca sicurezza per sè e i propri assistiti. Mancano tempo e condizioni per agire in sicurezza per pazienti e medici stessi. Non possono essere garantiti iter procedurali adeguati relativi ad accessi e sanificazioni, con il rischio di causare più danni che benefici. Sapete che ogni volta che  si fa un tampone bisogna indossare i DPI ( camici, calzari, fpp2, visiere, guanti,cuffie) in modo corretto e da soli è impossibile? Bisogna almeno essere in due!  Noi faticosamente e più di prima,dobbiamo essere reattivi,concentrati e pronti a dare risposte di assistenza medica a trecentosessanta gradi. Tutto questo non è un piangersi addosso ma “urlare” alla gente che siamo veramente…esausti! Quanto potremo reggere ancora a questi ritmi? 

Concludo questo sfogo con alcune proposte che provengono dai colleghi. Se invece di caricarci di ulteriori incombenze ci fossero due persone distinte che al drive in facessero o il tampone molecolare o quello rapido in base alla nostra segnalazione (se sintomatico o se solo contatto asintomatico) non sarebbe piu semplice,molto più razionale ed economico? Oppure creare dei tendoni da campo militare che possono essere allestiti in qualsiasi piazza, dove a turno faremo i test rapidi con personale che ci aiuta a vestirci? E con un call center  diurno e notturno per ridurre il  nostro già pesantissimo carico di lavoro? A buon intenditore poche parole...» Vincenzo Di Benedetto (Medico di base Asl To4) Alias... sfinito.